Taiwan, Pelosi e la pax americana
La visita della Presidente della Camera dei deputati degli Stati Uniti a Taiwan, è stata osteggiata non solo dalla Cina, che si è sentita offesa e umiliata da un gesto così apertamente ostile, ma anche dalla Presidenza degli Stati Uniti e dal Pentagono, che hanno cercato fino all’ultimo di impedire il provocatorio viaggio della Pelosi nell’isola “ribelle“, come la definiscono i cinesi del continente, che la considerano parte integrante della Repubblica Popolare. D’altra parte nel mondo sono solo quattordici le nazioni che riconoscono ufficialmente a Taiwan dignità di stato in sé, e certamente non sono le più importanti né popolose del mondo: Belize; Città del Vaticano; Guatemala; Haiti; Honduras; le Isole Marshall; Nauru; Palau; Paraguay; Saint Kitts e Nevis; Saint Vincent e Grenadine; Saint Lucia, Eswatini (noto fino al 2018 come Swaziland) e Tuvalu. D’altra parte era assurdo che nell’Assemblea della Nazioni Unite la Cina e il suo miliardo di abitanti di allora, fosse rappresentato da un’isolotto che di abitanti ne aveva si e no venti milioni solo perché il governo dello sconfitto Chiang Kai-shek era gradito agli anglosassoni che, ovviamente, avversavano il governo comunista di Mao Dse Dong. Solo nell’ottobre del 1971 il seggio nell’Onu, che era occupato dalla Repubblica Nazionalista di Cina, appunto da Chiang Kai-shek, fu assegnato dall’Assemblea dell’Onu dalla Cina Comunista, che rappresentava stabilmente gli abitanti di quella consistente parte del mondo.