In memoria dell’amico Antonio Bassano

Ultimo discendente di una famiglia dall’antico lignaggio, tale da occupare nell’annuario della nobiltà italiana ben mezza pagina, quando in genere le parole spese non superano le due righe, il suo nome completo era Antonio Bassano Cervo Marchese di Tufillo, e la famiglia era originaria dell’Abruzzo dove possedeva il feudo di Tufillo e fu insignita del titolo di Marchese nel 1648. Successivamente la famigli si trasferì a Montesarchio in provincia di Benevento, dove Antonio conservava con affettuosa gelosia le vestigia del palazzo avito e della cappella di famiglia. Si trasferì a Roma da giovane ed è rimasto in città fino alla morte anche se spesso tornava nei luoghi di origine della famiglia sia per trovare l’anziana madre, finché era in vita, sia per respirare l’aria frizzante di quei colli.

Alla nobiltà di stirpe univa una nobiltà d’animo leggera e pervasiva che raramente si trova nelle persone soprattutto in tempi come questi dominati dal denaro e dall’egoismo fretto dei plutocrati. Il carattere dominante di Antonio era la bonomia, riusciva a sdrammatizzare anche nelle situazioni peggiori e a trovare il lato positivo e accettabile di ogni evento, anche il più avverso. Gli devo molto per questo, la sua serenità d’animo mi ha profondamente colpito e ho cercato vanamente di apprenderne i segreti, ma con scarso successo. Forse il peso della storia, delle mille vicissitudini drammatiche e sconvolgenti vissute dai popoli del regno di Napoli hanno costruito nell’animo di queste creature uno scudo difensivo impermeabile ad ogni disgrazia e capace di far filtrare solo le cose positive.

Le sue armi erano un’arguzia e un’intelligenza profonda e vivace che gli hanno consentito di vivere benissimo nonostante, come diceva lui stesso, non avesse mai lavorato in vita sua, come si conviene a un nobile di antico lignaggio. In realtà era un grande PR, straordinario creatore di eventi, feste, incontri, rapporti con la stampa e con i media per conto di Enti come l’Acer e poi la regione Lazio. Membro emerito del Circolo degli Scacchi, la congrega di nobili più esclusiva della capitale nonché del circolo Aniene altro luogo di incontro dell’élite romana, in cui si muoveva con classe innata e consumata esperienza generando rapporti e contatti in genere interessanti e proficui. Gli eventi che creava erano certamente sempre divertenti e piacevoli, conditi com’erano dal tocco di classe e di leggerezza che Antonio sapeva dare ad ogni evento cui partecipava. Era intimamente felice e questa sua condizione attirava gli altri come una grazia. Un giorno mi disse che eravamo davvero fortunati, per potersi svegliare al mattino godendo la presenza di una bella donna che ti vuole bene nel letto, come di una splendida giornata di sole. Dell’essenza della vita aveva capito tutto.

Come molti nobiluomini, aveva una passione irrefrenabile per le belle donne e per le belle automobili, e faceva collezione di entrambe finché poi l’incontro con Luciana di cui si era profondamente innamorato, non ha posto fine al decalogo coniugato al femminile per lasciare più spazio a quello delle automobili. Era sempre elegantissimo, con abiti di taglio sartoriale e di livello eccellente che portava sempre con la stessa disinvoltura con cui si porta uno straccetto comprato su una bancarella: la classe non è acqua.

Come si conviene a un discendente di famiglia nobile, era profondamente tradizionalista, cattolico e ovviamente di destra, ma senza alcun furore ideologico, anzi senza alcuna ideologia ma solo per la naturale collocazione che il suo rango e la sua origine gli imponeva. Nonostante io fossi da tutt’altra parte, mi voleva un gran bene e aveva molta stima di me e delle mie idee che considerava tutt’altro che ostili e incompatibili con il suo modo di pensare.

Da questo punto di vista, apparentemente contraddittorio, era una delle persone più inclusive che abbia mai conosciuto, praticava quell’arte di steineriana memoria, di considerare che nel fondo dell’animo di ogni essere umano c’è sempre qualcosa di buono e allo stesso tempo, qualcosa di terribile. Evitava accuratamente ogni situazione complicata e difficile per mantenere equilibrio e bonomia. Non l’ho mai visto arrabbiato o furente, anche nei momenti peggiori della sua vita. Quando non sapeva come uscire da certe situazioni complicate, faceva finta di essere stupido così che i suoi avversari mollassero la presa ritenendolo tale, senza capire che in fondo, gli stupidi erano loro.

Questo atteggiamento gli ha consentito di vivere benissimo dedicando il suo tempo alla bellezza, alla leggiadria, alla cultura all’amore e al divertimento. Mi ha insegnato moltissimo e gli ho voluto un gran bene. Ho solo il rimpianto di averlo un po’ trascurato negli ultimi tempi, travolto da una vita frenetica e piena di preoccupazioni e impegni. Sapevo della sua malattia, ma per me Antonio era un immortale non pensavo potesse davvero lasciarci. I giorni finiscono per tutti, ma il ricordo della sua allegra bonomia e arguta intelligenza resterà sempre vivo nella memoria di quelli che l’hanno conosciuto davvero. Ciao Antonio.

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