L’età della Repubblica, l’età dell’Impero e l’età della pensione

Non leggo più La Repubblica da tempo se non qualcuno dei sempre più rari articoli che l’edizione online diffonde gratuitamente. Tra questi non ci sono gli articoli di fondo di Eugenio Scalfari, per cui la chicca riportata nell’immagine a fianco mi era del tutto sfuggita.  La cosa, invece, è stata posta all’attenzione di Maurizio Blondet che non si è lasciato scappare la ghiotta occasione di dileggiare il vecchio santone della Repubblica da par suo, sottolineando impietosamente, in questo pezzo, gli sconcertanti strafalcioni di cui l’articolo è infarcito senza, tuttavia, ricevere l’eco mediatica che la vicenda meriterebbe. Ma si sa da che parte sta il potere e se pure Scalfari scrivesse che Venezia sta in montagna e Bolzano in Sicilia, nessuno solleverebbe la minima obiezione.

La cosa sarebbe anche divertente, e non distante dagli strafalcioni che i giovani maturandi hanno sparso a piene mani nei compiti scritti e nelle interrogazioni della maturità di quest’anno, se non si trattasse di un vecchio uomo di potere che mostra visibili segni di smemoratezza senile mal sostenuta dall’arrogante saccenza che ha contraddistinto la sua lunga militanza nelle file della intellighenzia asseritamente di sinistra ma in realtà asservita al potere finanziario.

Per sostenere la tesi che Salvini aspira a diventare dittatore, mascherando questa sua aspirazione con terminologie fintamente democratiche, Scalfari ricorda il percorso che portò alla scomparsa della Repubblica romana e all’avvento dell’Impero. A prescindere dal fatto che occorre un elevato livello di demenza senile per paragonare, pure lotanamente, un personaggio come Salvini a politici come Cesare e Augusto, solo per citarne due dei tanti impropriamente ricordati nell’articolo di Scalfari, e che il contesto storico dell’ultimo secolo della Repubblica di Roma non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con quello attuale, capisco che Scalfari volesse attaccare Salvini e mettere in guardia contro la deriva autoritaria e fascistoide che si percepisce in Italia, ma anche in Europa. Tuttavia, Santo Iddio, possibile che non c’è nessuno in grado di rileggere gli articoli che scrive il vecchio Direttore e magari fargli notare che certe corbellerie non fanno bene né alla sua reputazione né a quella del giornale? Di cosa si tratta?

Se non vi va di rileggere il lungo articolo di Blondet non potrete sobbalzare dalla sedia leggendo che tra i personaggi che hanno condotto la Repubblica alla fine, accentrando potere personale su vasti territori, ci sono Scipione l’Africano, Numa Pompilio, Pompeo, Silla ma soprattutto Giulio Cesare e i suoi successori, tra i quali annoveriamo testualmente Ottaviano, Marcello, Agrippa, Augusto, Nerone e Claudio. Oddio che mal di testa! Numa Pompilio fu il secondo re di Roma e regnò, dopo Romolo, dal 715 ac al 673 ac. Certamente non viene dopo Scipione l’Africano, il Console che sconfisse Annibale nella celebre battaglia di Zama, avvenuta nel 202 ac. Oltretutto Scipione non ha proprio niente a che vedere con i consoli e comandanti dell’ultimo secolo della Repubblica, visto che dopo la vittoria di Zama, ricoprì alcune cariche, tra cui quella di censore, e poi si ritirò a vita privata. Quando poi Antioco un decennio dopo fece guerra a Roma per conquistare la Grecia, si offrì di fare il legato del Console Lucio Scipione. Insomma, tutto tranne che un accentratore di potere.

L’elenco che segue, è stupefacente. Pompeo e Silla, quando Silla è certamente stato console e dittatore prima di Pompeo che era contemporaneo di Cesare e con lui ha costituito il primo Triumvirato. Su Cesare, chi segue il mio blog sa bene come la penso a proposito delle sue presunte aspirazioni alla monarchia, ma dato che questo è il pensiero dominante, pax et bonum. Tra i successori di Cesare, vengono elencati Ottaviano, e va bene, Marcello (oddio, chi era costui? Non è che il vecchio Direttore ha storpiato il nome di Marco Antonio fondendolo in un Marcello che non è mai comparso in quel periodo storico?) Agrippa (ma che c’entra Agrippa? che era amico e generale di Ottaviano, ma non ha mai aspirato all’impero. Semmai a una laurea in architettura, visto che a lui dobbiamo il Pantheon), Augusto (sdoppiamento di personalità? Ottaviano e Augusto sono la stessa persona, ma qui evidentemente si fa valere la demenza senile), Nerone e Claudio, che viene citato dopo mentre era il padre adottivo di Nerone, ma va bene, facciamo finta che l’elenco non segue una scansione temporale. In ogni caso il nostro non ne ha azzeccata una che è una.

Possibile mai che nella redazione di Repubblica, nessuno abbia letto il pezzo di Scalfari prima di pubblicarlo? E se l’hanno letto, nessuno ha notato queste evidenti corbellerie? Pare di no. E se è così, forse davvero vale la pena fare un abbonamento a Repubblica se ci regalerà altre chicche come questa in futuro. Se questo è il livello di coloro che si presumono i massimi esponenti dell’intellighenzia italiana, siamo proprio messi male. E che dire dei giornalisti che certamente hanno letto questo articolo, sia a destra che a sinistra, e nessuno ha osato dire alcunché? A parte Blondet che se ne frega come il sottoscritto dei giochetti di potere? Già, ma siamo in Italia e se il paese sta così è anche grazie a questi atteggiamenti e questi campioni di cultura. Non ce l’ho con Scalfari che sarebbe ora ponesse la penna sullo scrittoio e chiudesse il calamaio definitivamente, ma con tutti quelli che gli stanno intorno, finti amici e nemici, dei quali nessuno ha il coraggio di dire a un povero vecchio che è arrivato il momento di mettersi a riposo. Per servilismo e ignavia. Appunto, è l’Italia.

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