Il PIL e il prefisso telefonico di Torino

Tutti i giornali di oggi danno grande risalto al ritorno in positivo del PIL italiano nel quarto trimestre del 2013. In questo link ce n’è un esempio. La cosiddetta crescita è stata dello 0,1%, un po’ meno del prefisso telefonico di Torino che, com’è noto, è 011. L’anno, ovviamente, è in profondo rosso poiché nel 2013 il PIL è calato dell’1,9% , meno del 2012 quando la riduzione si era attestata al 2,5% ma sempre una brutta botta per il paese. Questo dato positivo dipende da una variazione in attivo dell’agricoltura e dell’industria, mentre la variazione nei servizi è stata nulla. Insomma, abbiamo venduto qualche arancia in più ai tedeschi (forse) e qualche azienda ha aumentato un poco la produttività, ma da qui a gridare al miracolo ce ne corre.

Anche perché le previsioni per il 2014 sono pessime. Ripresa lenta, disoccupazione in crescita, PIL a + 0,7%. Tranne poi ad essere smentiti dai fatti, com’è accaduto negli anni precedenti. A gennaio 2013, infatti, Bankitalia prevedeva per il 2013 un calo dello 0,2% e la realtà è stata nove volte peggiore delle previsioni pur “pessimistiche di allora. Per non parlare poi, delle geniali previsioni sul 2012 che a ottobre 2011, prevedevano un anno in crescita per il paese, tranne poi a virare in poco negativo a dicembre. La realtà, come detto, è stata di un catastrofico -2,5% che si è aggiunto alla lunga serie di precedenti anni di recessione.

Nell’Europa del nord, invece, anche se la crisi continua, e non potrebbe essere diversamente, il PIL ha ripreso a crescere a livelli non da prefisso telefonico di Torino. I tedeschi hanno preso provvedimenti per rinforzare la domanda interna dopo aver inondato il mondo intero e, soprattutto, l’Europa meridionale dei loro prodotti industriali. Il piccolo segreto sta proprio lì, nella domanda interna che, non solo ha effetti benefici sul PIL, ma li ha essenzialmente sulla vita della gente. Naturalmente perché la domanda interna si metta a tirare, è necessario che riprenda l’occupazione, che i salari crescano e che le aziende producano, sia per il mercato interno che per l’esportazione. Qui da noi, invece, si fa esattamente il contrario. La disoccupazione è a livelli socialmente intollerabili, le aziende chiudono, i salari vengono ridotti con tagli che a volte superano il 30%, le pensioni pure e le tasse aumentano.

Oddio, non è che nel nord Europa le cose siano tutte rose e fiori. Il futuro è un’equazione con un numero imprecisato di incognite di difficile soluzione, nuove ondate di crisi finanziaria sono dietro l’angolo, i vincoli monetari sono una camicia di forza, ma almeno qualcosa funziona. Da noi la crisi è aggravata dalla stupidità, dall’ignavia, dalla corruzione, dall’incapacità, dalla presunzione e dal servilismo dei governanti e di un apparato burocratico che mai come in questo periodo si comporta in modo ostile nei confronti dei cittadini, invece di dare supporto e garantire la coesione sociale. Le ultime vicende del governo, con la sfrenata ambizione di Renzi a farla da padrona, e una sostanziale paralisi di ogni iniziativa seria, sanno a dimostrare l’incapacità della classe politica di ideare un progetto e di attuare una prassi di governo che sia effettivamente a vantaggio dei cittadini. Se Monti e Letta, entrambi nominati dall’apparato internazionale che decide dei nostri destini dovevano preparare il terreno per la grande svendita del paese, Renzi porterà, forse, a compimento questo piano perverso. Politicamente il suo governo è destinato a vita breve e tormentata. Infatti, non c’è una maggioranza politica che lo sostiene e la sua ascesa al trono sembra, agli occhi di molti commentatori, come una espressione della sua smisurata ambizione che andrà a morire nelle trappole che alleati e nemici gli tenderanno ad ogni piè sospinto. In realtà, credo che il gioco sia più complesso. Non c’è alcuna ragione reale per cui uno come Renzi sia sostenuto dalla grancassa del mondo mediatico se non che questo sostegno sia stato imposto da qualcuno che conta, ovvero da coloro che posseggono le redini del mediatico. E se lo fanno una ragione c’è, e non può che essere che la maggioranza all’esecutivo di Renzi è assicurata non in chiave politica, che non conta ormai quasi niente, ma in chiave lobbistica e di spartizione dei poteri. Che Renzi non sia una cima è chiaro a tutti, ma sarebbe davvero idiota prendere il posto di Letta per farsi impallinare dopo qualche mese, sprofondando ancora di più il paese nella tragedia (la crisi, infatti, è passata da un pezzo e siamo ormai nella tragedia), e distruggendo definitivamente il PD. La chiave politica voleva che il governo Letta proseguisse per ancora qualche mese prendendosi gli schiaffoni dell’aggravarsi della situazione economica e sociale, facendo la riforma elettorale ma non quella istituzionale, per la quale occorre troppo tempo, per poi andare alle elezioni alla fine del 2014 o ai primi del 2015. Se Renzi ha spinto per una svolta così immediata e violenta, è perché evidentemente ha avuto rassicurazioni dall’alto. Renzi farà il job act, con qualche peggioramento rispetto al pessimo testo che ha illustrato, farà partire la riforma istituzionale, per eliminare il Senato e ridurre il numero dei deputati, e farà la nuova legge elettorale sul modello che ha in mente. Ma questo è solo contorno. La cosa importante è che assicurerà agli “investitori stranieri” l’impunità e gli acquisti a prezzi stracciati dei gioielli di famiglia, e la distruzione di quel poco che resta della media e piccola impresa italiana che è ancora concorrenziale con le impresse dei suoi padroni. Arriveranno un po’ di soldi, che pagheremo carissimo, non solo in termini economici, ma in termini di perdita di democrazia e di libertà. Tutto quello di valore che c’è rimasto, dai siti archeologici alle bellezze naturali, oltre alle imprese che funzionano ed alle eccellenze che ancora sono rimaste in Italia, sarà messo nelle mani dei nuovi padroni che arriveranno qui non diversamente da come i Piemontesi arrivarono nel mezzogiorno d’Italia. Una colossale rapina in nome del Debito Pubblico e degli interessi da pagare. Quando poi il PIL dal prefisso telefonico di Torino passerà a quello di Milano, dando l’illusione che il peggio è passato si andrà alle elezioni con la grancassa mediatica che osannerà il coraggioso leader e lo sospingerà verso una grande vittoria. Se nel frattempo non sarà esplosa nel paese la rabbia e la rivolta che serpeggia sotto le ceneri. Se questo è il piano, però, i conti sono stati fatti senza l’oste che, nel nostro caso è il M5S, l’unica opposizione reale a questo progetto che coinvolge tutti gli altri partiti. Vediamo che succede. L’unica possibilità, e lo ripeterò fino alla nausea, è di costruire l’alternativa fuori da queste logiche perverse. Si può fare, la Faz è in questo momento l’unica alternativa praticabile. È difficile perché non abbiamo mezzi né tempo, visto che dobbiamo occuparlo sempre di più per la sopravvivenza, ma è l’unica possibilità che ci resta per tornare a vivere.

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4 pensieri riguardo “Il PIL e il prefisso telefonico di Torino

  1. Tesi n. 1:

    Come ho già detto in altre sedi, non ritengo Renzi uno stratega né uno statista, ancor meno il “nuovo”.
    Penso che il personaggio sia il nuovo bambolotto di cui i “le forze retrostanti” si avvarranno per il compimento di quell’ultimo atto finale, per esautorare il popolo delle ultime residue tracce di sovranità che ancora, almeno formalmente, conserva.
    Renzi, il rampollo di buona famiglia, è stato istruito a dovere e in un certo qual senso, nell’immaginario collettivo, gode di una certa legittimazione popolare che le passate primarie artatamente gli hanno conferito, anche grazie al poderoso appoggio della compiacente stampa.
    Letta, invece, non gode di quella popolar-legittimazione, anche per via della sua alleanza con la destra. Alleanza che, anche agli occhi dei più ciechi, un certo sospetto l’ha destato.
    Letta, tutto questo lo sa benissimo e, in ossequio alla sua incondizionata obbedienza a quelle “forze retrostanti”, con malcelato dissenso lascia il posto a Renzi. Insomma fa un po’ di scena.
    Renzi avrà la nomina per la formazione del nuovo Governo, che troverà l’appoggio anche di quelle poche forze ultimamente dissenzienti (ma facenti parte del vecchio: F.I., e altri), tranne i M5S.
    Agli occhi del popolo, il nuovo Governo così formato godrà del gradimento popolare sul falso presupposto che Egli, comunque, in un certo qual modo è stato voluto dalla maggioranza.
    Da questa legittimazione fasulla, scaturirà un insieme di provvedimenti finalizzati a fare una nuova legge elettorale, tale da continuare a legittimare queste forze politiche, in guisa da assicurare loro un futuro, verranno fuori, infine, altre vergognose riforme istituzionali tendenti ad asservire l’Italia definitivamente all’Europa.
    A seguito delle porcate che ci aspetteranno, faranno anche in modo di mettere “fuori legge” i grillini e la rete tutta.
    Il 5S al momento unica forza che parrebbe fare “sana opposizione”; il web unico strumento ove ancora, in qualche suo meandro, le idee circolano liberamente.
    A questo punto il gioco è fatto.
    Stiano attenti i grillini a come faranno l’opposizione e a quello che (tutti) diranno in rete.
    Spero di sbagliare, ma questa è la mia intuitiva e immaginaria visione dell’immediato futuro.

    Tesi n. 2:

    Renzi è il classico fantoccio da sacrificare ed attraverso il quale perseguire lo scopo di far diventare ciò che politicamente era impensabile in politicamente indispensabile, mediante quella formuletta, storicamente sempre riuscita, del: problema – reazione – soluzione.

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  2. Non lo sopravvaluto affatto. Nella situazione che si va delineando, il rischio di esplosioni di rabbia è alto, soprattutto se la riforma comporta una riduzione di salari e stipendi per attirare i capitali stranieri, che poi è l’essenza del progetto di Renzi. Senza il M5S la rabbia e la protesta sarebbero finite in (poche) esplosioni di piazza e (molta) astensione dal voto. Il M5S è in grado, invece, di catalizzare la protesta, come peraltro ha già dimostrato nelle scorse elezioni politiche. Per questo dico che i conti elettorali sono fatti senza l’oste M5S: non è certo sufficiente una verniciata alla facciata del palazzo per renderlo trasparente, né che lo 0,1% di incremento (tutto da verificare) divento lo 0,2% se il prezzo è una riduzione congrua del tenore di vita già ai limiti della sostenibilità. Questo non significa che considero la politica del M5S una soluzione al problema che, ripeto, può arrivare solo attraverso forme di trasformazione radicale del sistema economico attraverso progetti come quello delle Faz.

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  3. Ma, veramente il M5S è attualmente l’unica vera alternativa al sistema vigente. Non saranno perfetti ma sono una buona bozza di strada da seguire e migliorare insieme.
    Se perdiamo anche questa opportunità non vedo altro…

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