Un grande crimine e una enorme confusione

Criticare un testo è un modo per approfondirlo meglio. Per farlo è necessario avere comunque stima di chi l’ha scritto, anche se si è distanti anni luce dalle sue idee. Solo così si migliora sé stessi e la propria comprensione. Se capita di leggere qualche sciocchezza bisogna cercare di capire se e in che misura abbia peso sull’impianto concettuale del libro:siamo tutti esposti a scrivere sciocchezze, soprattutto quando si tratta di argomenti complessi come l’economia e la filosofia, e io sono il primo della lista, ma questo non significa che tutto il libro sia da buttare via. C’è sempre da imparare e soprattutto è necessario avere sempre il coraggio di ammettere i propri errori, per evitare di finire come il Belmonte dell’omonima sindrome di cui parla Galbraith nel suo saggio “Money”.

Per questa ragione, se leggo un libro e lo considero un cumulo di sciocchezze, evito di parlarne. Non ho molto tempo, e nemmeno tante energie da dedicare ad inutili polemiche. Sono costretto, tuttavia, a fare un’eccezione per il libello pubblicato in rete da Paolo Barnard, e intitolato “Il più grande crimine”, poiché in molti mi chiedono di scrivere cosa ne penso. Insomma, mi tirano per la giacchetta e non posso esimermi.

Dirò subito che il libro è scritto in modo presuntuoso, da un presuntuoso che presume di aver capito quello che gli ha detto il mentore che si è andato a cercare con il lanternino nel lontano Michigan, ma ci ha capito ben poco.

Per buona parte del libro la lettura è fastidiosa, a volte è proprio insopportabile. Al contrario le tesi di Wray sono tutt’altro che peregrine, ma evidentemente Randall Wray non conosce l’italiano e non si è reso conto di quali mani stiano trattando il suo pensiero. L’inizio del libro ne suggerisce immediatamente la collocazione nel filone dei complottisti, dal quale, notoriamente, sono ben distante. Sono convinto, infatti, che non ci sia un piano organizzato da un gruppo specifico di persone per distruggere il mondo, ma che si tratti piuttosto di quel “piano del capitale” di cui Raniero Panzieri e l’operaismo hanno diffusamente analizzato la natura, come peraltro, su un piano diverso ha fatto Jacques Camatte, e che è cosa ben diversa dal complotto che si evince da questa frase: “Fu letteralmente deciso a tavolino, e ci sono riusciti: nomi e cognomi, date e fatti, nelle righe che seguono“.

Se l’esordio è infelice, nella pagina successiva il mal di mare aumenta, quando il nostro riferisce della sua ricerca di “autorevolezza” per capire la questione del signoraggio poiché chi ne parla è “un gruppo assortito di avvocati, medici, traders, giuristi, internettiani non meglio qualificati e/o imprecisati affaristi, insomma, tutto meno che economisti e monetaristi” privo di qualunque credenziale. Può darsi che sia così, anche se Barnard dimentica (ma forse non lo sa) che Marx e Lenin erano avvocati entrambi e, malgrado ciò, qualcosina di nuovo in economia hanno scritto. In tempi più recenti, l’avvocato Strauss Kahn è divenuto Presidente del FMI, così come è avvocato cassazionista anche Emanuele Emanuele, Presidente della Fondazione Roma e professore di scienze delle finanze alla Sapienza. Insomma, il metro di giudizio del Barnard si traduce in un pre-giudizio da lavanderia, e mi perdonino le lavandaie che non meritano certo un simile accostamento.

Poche righe dopo, il nostro sembra riprendersi, quando dice che Willem Buiter, noto economista della London School of Economics, su sua specifica richiesta gli dichiarò, giustamente, che “Chiunque veda nel signoraggio bancario un complotto, è un orso decerebrato”, il che però, fa decisamente a cazzotti con la tesi complottista dell’esordio. Dopodiché la sua affannosa ricerca dell’autorevolezza cosciente, dopo avergli fatto scartare tutti gli italiani in base a quell’altro noto pregiudizio che sono tutti corrotti o corruttibili, trova finalmente la sponda giusta in Randall Wray, per via del fatto che lui e “il suo team hanno bastonato i banchieri senza pietà, per due decadi almeno, non sembrano facili da intimidire, né da pilotare, e di certo sono molto autorevoli”. Evviva! Noto tuttavia, che se questo era criterio poteva tranquillamente rivolgersi al Codacons o all’Adusbef che di bastonate alle banche ne danno da diversi decenni. Chissà cosa ne pensano del signoraggio.

Comunque il nostro si fidanza ufficialmente con Wray per ben otto mesi, e al nono nasce il bel bambino del libro in questione.

Randall Wray è un professore di una università del Michigan che sostiene che lo Stato può garantire la piena occupazione operando come datore di lavoro di ultima istanza. La tesi è interessante, ma non è proprio una novità: in fondo, lo Stato sovietico un lavoro lo garantiva comunque a tutti anche se la centralizzazione comportava l’oppressione delle libertà individuali e quel clima di cupa tristezza che gravava su tutto l’universo sovietico. L’altro punto interessante del modello di Wray è che lo Stato può spendere in deficit tutto quello che gli serve, ovviamente se la spesa è indirizzata verso attività produttive.

In pratica si tratta del medesimo concetto che sta alla base dell’economia dell’abbondanza, ma con alcune differenze significative. La prima è che un modello centralista incontra innumerevoli difficoltà di ordine politico e sociale. Inoltre non si capisce per quale ragione la spesa debba essere effettuata per raggiungere la piena occupazione, sembra un sistema più vicino alla servitù della gleba di Diocleziano che ad una società libera. D’altra parte se l’ottica è centralista, è difficile pensare in termini di libertà. Com’è noto, preferisco che la spesa sia indirizzata a garantire la vita dei cittadini, come diritto che è legato al montante degli investimenti da un algoritmo ben definito. E all’obiezione che molti fanno che senza la costrizione della necessità di vivere non si lavora e non si produce nulla, rispondo che preferisco un fannullone libero ad un produttore schiavo. A parte queste considerazioni, certamente non esaurienti su un argomento che merita ben altri approfondimenti, ciò che non trovo nell’analisi di Wray è una critica del debito, che anzi viene assunto in modo acritico a motore del suo sistema. Lo Stato può indebitarsi all’infinito, perché il debito, come poi riferisce Barnard è ricchezza dei cittadini. L’unico limite all’indebitamento è l’inflazione e allora lo Stato deve rallentare la creazione di denaro. In questo modo, però, si finisce lo stesso nelle mani dei ricchi che, dopo aver cumulato enormi fortune grazie agli interessi, e aver tenuto bassa la circolazione monetaria, possono accelerarla all’improvviso per creare inflazione. Questa situazione costringe lo Stato a rallentare la creazione di moneta e questo genera impoverimento nella popolazione, poiché il sistema finirebbe in stagflazione, come accadeva negli anni settanta, anche senza uno specifico piano del capitale. A quel punto chi ha i soldi in mano può egualmente compiere il grande crimine di appropriarsi di enormi ricchezze materiali a pochi soldi. Per uscire dall’economia del debito, com’è noto sostengo la necessità di introdurre il tasso negativo, in modo da scoraggiare l’accumulazione monetaria, eliminare gli interessi attivi e con essi la rendita finanziaria, ed ottenere un potente strumento contro l’inflazione indotta dalla spesa a deficit. Non sto a ripetere le mie tesi che scrivo ormai da quindici anni, e quindi vi rimando ai miei libri.

Dice Barnard, che negli Stati a moneta sovrana, il debito pubblico non è un debito ma la ricchezza dei cittadini. Ecco cosa scrive il nostro in proposito:

I cittadini degli Stati a moneta sovrana non sono mai chiamati a ripagare alcun debito pubblico, e le tasse non sono mai servite a ciò. Gli Stati a moneta sovrana, poi, non devono mai onorare quel debito, neppure quando è detenuto dalle Banche Centrali, nulla li costringe a farlo, anzi, proprio non lo fanno, per cui s’infrange il teorema secondo cui essi sarebbero oggi schiavi delle Banche Centrali, e noi assieme ad essi“. 

Infatti, i 90 e passa miliardi all’anno che lo Stato paga di interessi sul debito vengono tutti accreditati sui conti dei cittadini che si arricchiscono così. Che i titoli del debito pubblico siano moneta lo si sa da tempo immemore, ma quello che Barnard dimentica è che gli interessi su questo debito sono un modo di distribuzione che premia i ricchi e genera gravi squilibri nella società, al punto che la maggioranza dei cittadini diventa sempre più povera e una risibile minoranza sempre più ricca. O non se n’è accorto, Barnard? Ma godetevi adesso questa perla:

“Inoltre, il debito dello Stato a moneta sovrana non è mai un problema economico rilevante, infatti esso non viene mai ripagato, cioè i titoli di Stato a livello generale (aggregato) non giungono mai a maturazione. Dunque, per concludere, le banche non possono mai direttamente creare denaro nuovo, e fra l’altro la riserva frazionaria in sé non esiste. Essa fu un errore di teoria economica della fine degli anni ’60, che è rimasto per inerzia su qualche libro di testo, ma che oggi è saldamente riconosciuto come pratica bancaria inesistente”.

Signor Barnard, ma che dice? Che orribile pasticcio, che confusione! Cosa c’entrano i rapporti tra banche e Stati a moneta sovrana con la riserva frazionaria di cui peraltro afferma con decisione l’inesistenza? Perché mai lo Stato dovrebbe emettere titoli di debito e non stampare denaro direttamente? Così non si capisce nulla. E come sarebbe a dire che la riserva frazionaria non esiste? A prescindere dal fatto che la riserva è un obbligo di legge, imposto tra gli altri dall’art. 4 del Regolamento della Banca Centrale Europea, visto che Barnard ha bisogno di padri nobili e affidabili, questo è ciò che dice Maurice Allais nel suo libro “La Crise mondiale d’aujourd’hui” in merito alla riserva frazionaria: “Au total, le mécanisme du crédit aboutit à une création de monnaie ex nihilo par de simples jeux d’écriture. Reposant essentiellement sur la couverture fractionnaire des dépôts, il est fondamentalement instable”. Ricordo che Maurice Allais, recentemente scomparso, è stato insignito del premio Nobel per l’economia.

Insomma, che i signoraggisti dicano una marea di sciocchezze è un fatto accertato, ma criticarli con questi argomenti fa solo confusione. Non sono un esperto di signoraggismo, ma quando si critica qualcuno esigo che venga citata la fonte che critico. Mentre nelle critiche del signoraggio non c’è alcuna citazione nonostante siano esposte tesi molto diverse tra loro. Ma che modo è questo di scrivere un saggio?

È falso che le Banche centrali si approprino di tutta la moneta creata per nasconderla nei paradisi fiscali, poiché il meccanismo di appropriazione riguarda gli interessi. È falso pure che stampando una banconota la banca centrale si appropri della differenza tra il costo della banconota e il nominale. È anche falsa la distinzione, tra moneta “reale” e moneta “virtuale”, che ha senso forse solo per le monete metalliche, ma solo nella misura in cui queste sono rappresentative del prezzo della merce da cui sono composte. Qualche tempo fa il prezzo del rame era salito al punto che una moneta di un centesimo di euro, dato il suo peso, aveva un prezzo maggiore del nominale. Di conseguenza qualcuno pensò di farne incetta per fonderle e rivenderle come rame guadagnandoci sopra. Ma stiamo parlando di quisquilie che nell’economia moderna, in cui la quasi totalità del denaro è virtualizzata, sono del tutto irrilevanti.

Con un po’ di fatica si capisce quello che Barnard dice a proposito della creazione sul debito del denaro da parte delle banche commerciali. Tuttavia, per lui questo fatto è irrilevante, poiché quando il mutuatario ripaga il debito, questo viene cancellato, tranne gli interessi che però rappresentano “lo stipendio” della banca. Oh, oh, ma come sarebbe a dire? Le centinaia di miliardi che il debito complessivo (Stato, famiglie, imprese) è costretto a pagare ogni anno, sarebbero uno stipendiuccio? In Italia il debito complessivo ammonta a 3,15 volte il PIL e quindi a circa 4.800 miliardi. Ad un tasso del 5% gli interessi su questo debito comportano un trasferimento di ricchezza di circa 240 miliardi. E questo sarebbe irrilevante? Non è questa, forse, l’essenza della rendita finanziaria? E non è forse, la rendita il problema? Viene il dubbio che tutta la confusione che impregna lo scritto di Barnard non stia lì per caso, ma proprio per nascondere il problema.

E veniamo alla natura della moneta. A parte il linguaggio un po’ confusionario che fa parte dello stile del personaggio, ulla quaestio, se non che l’affermazione che il denaro è aria fritta è evidentemente fuorviante. Questa storia del denaro aria fritta è ripetuta più volte in tutto il testo. Serve per dire che il denaro non ha alcun “valore” in sé, ma anche che esiste un denaro “aria fritta” e un denaro “reale”, il che è davvero fuorviante. Inoltre, nel testo c’è un totale appiattimento della prospettiva storica, per cui non si capisce per quale ragione nel 1944 e nel 1971 le banche hanno vietato di convertire in oro le banconote. A parte che le due date in questione indicano cose diverse, se non si spiega come nascono le banconote è difficile capire qualcosa. E se volete togliervi un po’ di confusione dalla testa in merito a questo argomento vi consiglio di leggere “Un’altra moneta”.

Insomma, sembra che il mal di mare che ci era venuto alla lettura delle pagine precedenti stia passando, quando ci si imbatte in quest’altra perla: “Ovviamente, col meccanismo degli interessi si generano altri codici sia per la banca che per i c/c di A e del concessionario, ma questo di nuovo non è una ricchezza reale, sono solo codici astratti che possono o non possono essere un bene al netto (se la banca è in passivo anche gli interessi scompaiono)”. Come sarebbe a dire che gli interessi possono o non possono essere un bene al netto? Ma che vuol dire? Oddio, di nuovo il mal di mare, riecco che spunta fuori la distinzione tra denaro reale e denaro virtuale. E che vuol dire poi che se la banca è in passivo gli interessi scompaiono? È ovvio che se un soggetto ha un passivo, quello che incassa non produce utili ma la copertura della perdita, almeno nello stato patrimoniale. Prova a far scomparire gli interessi che si incassano dal bilancio e vedi poi cosa ne pensa la Guardia di Finanza. Dio, che confusione!

Ma le cose peggiori arrivano ora. Barnard sostiene che il monopolio dello Stato sulla moneta dipende dal fatto che con questa moneta possiamo pagare le tasse, e che se non ci fosse….Pensateci bene: se non ci fosse questo sistema, chi mai lavorerebbe per il settore pubblico, cioè statale? Pochissimi. Perché i privati potrebbero inventarsi altre monete in concorrenza con quelle dello Stato, e in virtù dei maggiori profitti promettere poi maggiori vantaggi ai cittadini, per cui quasi nessuno finirebbe a lavorare per il settore pubblico e lo Stato medesimo cesserebbe di esistere. Sarebbe il trionfo dei signorotti locali in stile feudale, cioè nascerebbero veri e propri Stati privati con monete private entro lo Stato. Un caos.

Mamma che paura! Il caos! L’anarchia! Il Nuovo Medioevo! Qui ci vuole uno Stato forte che riprenda la sovranità e imponga la sua legge. Capite qual è il presupposto ideologico, peraltro pure fasullo, del nostro eroe? Lo statalismo centralista di cui era già impregnato il progetto di Randall Wray. Perfetto tutto torna. Se non fosse per il fatto che si tratterebbe di tornare indietro di una cinquantina d’anni, verso forme di aggregazione sociale che hanno già causato un paio di guerre mondiali e innumerevoli guerre locali. E che il centralismo statale non sembra facilmente applicabile in un mondo che sta imparando forme di democrazia diretta e soprattutto di comunicazione e di scambio della cultura e delle informazioni che creano coscienza. Che puzza di vecchiume!

Sono stanco e siamo solo a pagina sedici. Ma l’avete voluto voi. Nel resto del libro il nostro eroe continua con il suo linguaggio farraginoso e confusionario a raccontare cose vere e ben note, per le quali non c’era alcun bisogno di andare dall’altra parte dell’oceano per scoprirle, e nascondere il vero problema, quello degli interessi e della rendita finanziaria. Che come in tutto il libro, passa per una cosa naturale, quasi banale, come in questa frase a pagina 19: “L’unico reale profitto della FED sui titoli di Stato sono gli interessi“. Ma va? E allora che succede? E che volete che succeda se gli interessi sono irrilevanti?

E poi aggiunge: “La BC, proprio in virtù del fatto che in questo caso può inventarsi il denaro, ha facoltà di accreditare tutte le riserve bancarie che vuole, e questo di conseguenza permette al governo di spendere quanto vuole, creando ricchezza fra i cittadini e aziende“. Insomma, spiegata così sembra che è la spesa dello Stato che crea ricchezza, qualunque spesa dello Stato, e non il lavoro dei cittadini e delle imprese. Quindi anche la spesa per le Maserati al Ministero della Difesa o quelle per i sollazzi di qualche buontempone membro della casta, Sarà mica che si deve trattare di una spesa per opere pubbliche o per investimenti? La spesa crea ricchezza perché consente quel lavoro. E quindi, dato che dobbiamo essere grati ai nostri governanti che ci consentono di lavorare per pagare tutte le tasse allo Stato e per mantenerli nel lusso e nei privilegi, oltre alle tasse dobbiamo pagare gli interessi, che sono lo stipendiuccio delle banche. Capito? E zitti voi che non capite niente di economia perché siete avvocati, medici, ristoratori, infermieri, ragionieri poco ragionevoli, spazzini, ingegneri non ingegnosi e per lo più nullafacenti e buontemponi. A tenervi in riga ci pensa lui che sa tutto per definizione e sa come fare. In fondo non ha fatto una cosa diversa da Solone che lasciò Atene per andare in Egitto, l’America di allora a cercare la fonte delle leggi giuste da dare alla città. Peccato che non è Solone.

la spiegazione da pagina 26 in poi di come funziona il meccanismo di creazione di moneta delle banche è geniale. Perché non ha l’obiettivo di spiegare il meccanismo, ma solo di far vedere che gli interessi che prendono le banche non sono un problema, al punto che le banche sono povere e sostanzialmente fallite. La cosa che non si capisce leggendo la brillante e confusissima spiegazione del nostro, è per quale ragione dobbiamo avere come intermediario una banca per un lavoro che, così come è spiegato, potrebbe benissimo fare un computer praticamente a costo zero. Insomma, nel suo tentativo di far scomparire gli interessi, alla fine fa scomparire anche le banche! Arriviamo così alla spiegazione di come il debito diventi un problema nei paesi che hanno ceduto la loro sovranità monetaria come è accaduto nella UE. Tutto vero, lo sappiamo tutti e da tempo.

Il grande crimine è questo, che qualcuno aveva preparato il golpe che ha condotto i paesi dell’Unione Europea al fallimento, per l’impossibilità degli Stati e pure della BCE di stampare moneta come fa la FED, la Banca del Giappone o quella d’Inghilterra. E l’obiettivo del golpe è quello di comprare tutto quello che si può comprare a prezzi stracciati e soprattutto indurre in schiavitù milioni di lavoratori costretti a lavori da fame. Mentre se lo Stato può stampare tutto il denaro che vuole il problema non si pone e si vive tutti felici e contenti. Davvero? Non mi pare che sessanta milioni di poveri americani siano tutti felici e contenti anche se la FED stampa quattrini, e dal 2007 ne ha stampati in quantità industriali. E nemmeno in Giappone o in Inghilterra. Forse c’è qualcosa che non funziona anche in questi sistemi, o no? Perché l’Italia fino al 2002 aveva a sovranità monetaria e poteva stampare tutta la moneta che voleva però non mi sembra affatto che navigassimo nell’oro, anzi passavamo da una crisi all’altra sempre peggio, sempre più giù. Si sapeva che la struttura dell’euro aveva questa ed altre debolezze. Diversi economisti e anche qualche avvocato l’hanno scritto nei loro libri sin da quando è stato sottoscritto il trattato di Maastricht. Ma non è solo questa la fonte dei nostri guai e di quelli del mondo.

Se la finanza ha conquistato il mondo la ragione non sta nell’euro. Il vero crimine è l’economia del debito, è la redistribuzione ineguale portata dagli interessi, sta nell’arricchimento di pochi in danno della maggioranza, sta nell’avidità, nella corruzione, nella prevaricazione, nello sfruttamento in nome di profitti che non hanno mai un limite, sta nella subordinazione del vivente all’inanimato, degli uomini al capitale. Che poi a ordire questo complotto che è frutto del demone dell’avidità, sia questo o quello, non ha molta importanza. Sarebbe come fare una critica storica al Giulio Cesare di Shakespeare basandosi sulle interpretazioni degli attori sulla scena.

Che peccato. La denuncia dell’assurdità criminale delle politiche liberiste e del piano del capitale, per quanto confusa è sacrosanta. Ma tutta la confusione, gli svarioni concettuali, gli esercizi di arroganza e di presunzione di cui è impregnato il testo finiscono per renderla poco credibile. Così come la totale omissione del ruolo del debito e degli interessi, che è il problema vero, non solo nella UE ma anche negli stati a moneta sovrana, finisce per rendere il tutto di scarso valore. Un’occasione persa. 

P.S.: A proposito degli argomenti trattati in questo articolo e delle idee di Wray, ripropongo qui un articolo di un paio di anni fa su blogosfere dal titolo “L’ossimoro della spesa pubblica“. Rileggere certi concetti ogni tanto fa bene, di questi tempi soprattutto. 


46 pensieri riguardo “Un grande crimine e una enorme confusione

  1. Mi sento un po’ in colpa perche’ sono uno di quelli che ha segnalato a De Simone l’operato di Barnard ed il fatto che forse sarebbe stato il caso di entrare nel merito delle sciocchezze che dice. Peraltro con atteggiamento “vaticinante”, che rende la cosa oltremodo odiosa. Non entro nel merito delle questioni economiche, ma quando questi falsi eroi vengono acclamati dalla gente mi preoccupo e non poco. Il tono perentorio delle affermazioni tende a creare credibilita’ sulle persone non molto ferrate sull’ argomento… e la materia monetaria e’ molto ostica. Putroppo la rete si presta ad essere un ottimo palco per egocentrici in cerca d’autore e smascherali e’ un doveroso atto di responsabilta’. Ringrazio quindi Domenico per l’accurata disanima che ha fatto e soprattutto per la pazienza che hai avuto nel leggere tutto il libro. 🙂

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  2. Mi scusi, sig. De Simone,vorrei solo farLe alcune domande e annotazioni riguardo alla sua analisi de Il più Grande Crimine:
    1)Lei scrive che “evidentemente Randall Wray non conosce l’italiano e non si è reso conto di quali mani stiano trattando il suo pensiero”(tesi comunque smentita da P.B,), però poi afferma che il presupposto dell’intero scritto è lo statalismo centralista di cui è impregnato il pensiero di Wray. Potrebbe gentilmente spiegare queste affermazioni contraddittorie?
    2)in seguito Lei afferma “il centralismo statale non sembra facilmente applicabile che in un mondo che sta imparando forme di democrazia diretta e soprattutto di comunicazione e di scambio della cultura e delle informazioni che creano coscienza.” Forse sono in errore, ma credo che il mondo moderno stia andando esattamente nella direzione opposta e che la democrazia stessa sia in agonia(governi,per quanto disprezzabili, democraticamente eletti di Italia e Grecia praticamente abbattuti dai mercati e sostituiti da tecnocrati, Commissione Europea costituita da burocrati non eletti, masse di cittadini apatici, con coscienza civica inesistente o totalmente inadeguata,mass media martellanti e culturalmente deficienti). Vorrei chiederLe quali sono le forme di democrazia diretta cui si riferisce (escudendo la Svizzera, che è un caso particolare e difficilmente riproducibile)
    3)all’inizio,Lei attacca Barnard definendolo presuntuoso, complottista, pieno di pregiudizi e lo ridicolizza con sarcasmo a più riprese(es.”il nostro si fidanza ufficialmente con Wray per ben otto mesi, e al nono nasce il bel bambino del libro in questione”), in pratica dipingendolo come un completo idiota(è una mia impressione, potrei anche sbagliarmi). In particolare, insiste sul suo presunto complottismo(difficile da condividere, poichè Barnard riporta sempre una gran mole di dati per le sue affermazioni) sui suoi pregiudizi verso chi parla di economia senza essere a sua volta economista o monetarista. Ma non Le sembra più che normale che un giornalista che si interessi di un argomento come il signoraggio cerchi l’opinione di uomini che non siano schierati dalla parte delle banche(che avrebbero tutto l’interesse a nasconderlo se fosse vero) e che siano esperti del settore con buoni curricula?
    Per finire, usare gli esempi di Marx, Lenin e Strauss-Kahn(il primo e il terzo comunque sono principalmente economisti,il secondo più che altro politico) non rischia di essere a sua volta fuorviante?
    Scusi se non ho parlato specificamente di economia(non credo per ora di avere abbastanza competenze),ma credo che certi aspetti andrebbero approfonditi.
    Spero che Lei trovi il tempo di rispondere.

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    1. 1) Non capisco dov’è la contraddizione. Dico che Barnard spiega male il suo mentore Wray e che mi pare ci abbia capito poco di quello che dice. Se Wray è soddisfatto delle spiegazioni di Barnard mi rafforza la convinzione che non conosca l’italiano (il che è altamente probabile). Questo NON significa che dallo scritto di Barnard non si possa cogliere il senso statalista delle tesi di Wray perché questo non significa che le tesi di Wray siano spiegate con chiarezza. Comunque, se ci vuol vedere una contraddizione, faccia pure.
      2) Sono convinto del contrario, anche perché NON considero le “democrazie parlamentari” delle vere democrazie, così come non ho mai considerato “comunisti” i regimi dell’est europeo prima della caduta del muro di Berlino. Mi sembra che non ci sia dubbio sul fatto che le nuove forme di conoscenza diffusa portate da internet favoriscano lo sviluppo di una coscienza democratica, nel senso di una partecipazione diretta alle questioni della società. Non lo traduca in “forme politiche”, che non c’entrano con la mia posizione sul punto. Comunque di queste questioni parlo nei miei libri.
      3) Considero Barnard un arrogante presuntuoso, che non è capace di formarsi una propria convinzione con un metodo critico, e rispondo al suo ignobile attacco alle persone che, fuori dal sistema, cercano di formare una coscienza critica sull’economia. Trovo ridicolo che in otto mesi si possa capire il sistema e decidere se è giusto combatterlo e con quale metodo. È esattamente quello che fanno tanti ciarlatani che girano sul web propinando sciocchezze in materia e, comunque, anche dopo decenni di studio, le sciocchezze sono sempre in agguato e occorre avere umiltà nell’approccio e nell’ascoltare gli altri. L’umiltà è una qualità che Barnard non sa nemmeno cosa sia e si arroga (proprio perché è arrogante) la prerogativa di aver capito tutto dopo otto mesi di studio. E dato che il signor Barnard mi ha pubblicamente dato del cretino (cosa che peraltro fa con molti se non tutti), dicendo che si era rifiutato di andare oltre la lettura di un mio libro dopo le prime pagine, mostrando così a quale livello di capacità critica egli sia, se permette lo tratto per quello che è, ovvero un presuntuoso arrogante. E tanto per essere chiari, io sono quarant’anni che studio queste cose anche se faccio l’avvocato, ma dopo la laurea in legge ho fatto anche economia, eppure non mi sognerei mai di criticare qualcuno SENZA averlo letto e cerco di capire tutte le tesi. Ma mi si consenta di non avere alcuna comprensione per l’arroganza e la presunzione. Quanto ai titoli accademici ed ai curricula, la prego di leggere il mio ultimo post dove trova il pensiero di alcuni grandi del pensiero in proposito. Anche Schools e Myers avevano curricula magnifici ed erano così lodati da essere insigniti del premio nobel, che è il massimo riconoscimento mondiale in qualunque campo. Eppure il loro fondo LTCM che si basava sulle loro scoperte, fallì mettendo nei guai non poche banche centrali del mondo, compresa la nostra. De hoc satis.

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        1. Rispondere è un dovere e in genere non mi sottraggo. La cosa che però non capisco è che tutti quelli che hanno criticato la mia critica a Barnard hanno sottolineato gli stessi punti, che peraltro nota anche il Barnard, ma nessuno è entrato nel merito della critica. Cito intere frasi di Barnard e le critico. Non mi sembra di dire sciocchezze, ma ovviamente tutti possiamo sbagliare. Perché nessuno mi viene a dire dove stanno i miei errori? Perché in questo sfortunato paese la gente ha disimparato a leggere e a criticare? Come si fa a non capire che con quella sua arrogante stroncatura degli avvocati, farmacisti e panettieri, non fa altro che accreditare l’idea che i soli che possono trovare soluzioni alla crisi sono gli “economisti ufficiali”? Non è chiaro che questa è proprio la tesi su cui il sistema fonda il pensiero unico dominante? È così difficile capirlo? E che è un’operazione ignobile sostenerla? Però, guarda caso, tutti notano che mi sarei offeso perché Barnard parla male degli avvocati. Ma come si fa ad essere così sordi e ciechi? Se lei mi viene a dire che Lenin era un politico e non un economista, nota un niente e non vede il trave. Ma è possibile? Accenno ad una critica del meccanismo di Wray. Su questo il silenzio di tomba. Perché? Forse fa bene Barnard ad insultare tutti, forse è l’unico modo per costringere la gente a capire e quando non capisce prenderla a scapaccioni in testa e insulti sanguinosi. La verità è che ormai la gente è abituata ai tempi televisivi. vuole capire tutto nei venti secondi che sono concessi dalla televisione e in cui non si riesce a dire nulla di comprensibile. Però gli insulti si capiscono e quindi nota solo quelli. Così nasce la Tv trash. E dato che Barnard insulta tutti, allora ha ragione. Va beh, mi sono sfogato un poco, ma certo che così è proprio dura.

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  3. Ribadisco, forse nom mi sono ben spiegato, a chi come te sandropascucci o come me umile lettore , che ci battiamo per una causa comune e cerchiamo la verità non interessa e non può interessare niente se de Simone si è offeso perché barnard ha nomInato la categoria degli avvocati parlando di signoraggio.

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    1. Ma dove hai letto che sono “offeso” per questo? Ho detto un’altra cosa, molto più grave che Barnard cerca di accreditare come credibili SOLO gli economisti di professione, da Wray a Samuelson e NON credibili quelli che fanno altri mestieri nella vita. Questa affermazione oltre ad essere falsa, è esattamente quello che vuole il pensiero mainstream, che adesso ci propone il “tecnico” Monti perché è “credibile”, e che soprattutto propone come modello unico quello del capitalismo e del debito perché sostenuto dai “tecnici”, mentre ogni altra critica che non venga da tecnici è non credibile proprio per la sua provenienza. Non si tratta di una questione personale come erroneamente credi e ripeti, nonostante l’evidenza, ma di una questione di fondo e pure di grande importanza. Ho ricordato a tutti che Marx e Lenin erano entrambi avvocati, non certo per difendere una categoria di cui non me ne importa un fico secco, ma per dimostrare ironicamente, che l’idea di Barnard sul dilettantismo dei non esperti è stupida, arrogante e fuorviante.

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  4. All’inizio de Simone sembra voler parlare controvoglia del saggio di Barnard e poi come per magia si sente ispirato e lo critica punto per punto e, al contrario di Barnard che è sempre molto preciso nel citare fonti e dati, cita pochissime fonti. Prima dice che Barnard non ci ha capito un H delle teorie di Wray e poi Afferma che tutto il trattato di Barnard è impregnato della visione centralista di Wray. Insomma più che una critica ben costruita tutto questo mi sembra solo opinionismo vuoto. Più volte de Simone si accanisce con Barnard perché ha osato parlare di avvocati, forse non ha capito che a noi lettori, che desideriamo capirci qualcosa in tutto questo guazzabuglio, non importa un fico secco se lui si è risentito a causa di cotale affronto. Amen.

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    1. alla faccia dell’egoismo!! purtroppo a far del bene (e l’impegno nella Causa è far del bene a mio avviso) si prendono vangate di m..elma in faccia ma non è questo il problema..

      il Problema è che chi ci legge chiede pure il sorriso dallo smelmato!!

      Ersa.. ma ti leggi? Alla faccia dell’umanità, la comprensione y la solidarietà!!

      “non CI importa un fico secco se..” BAH!! a me, che sono Lettore COME TE invece importa. La prossima volta parla PER TE, o meglio: non parlare proprio.

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    1. Può darsi, tutto può darsi, dipende dai punti di vista. Il fatto che Wray consideri il debito come naturale me lo fa ascrivere nella categoria dei complici degli strozzini. Per me è uno strumento di potere e quindi cerco di immaginare e costruire un’economia che NON si fondi sul debito. Ma si può essere d’accordo o meno su questo punto, la storia lo dirà, perché questo è il punto, il resto sono contorno.

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  5. Condivido il disaccordo verso una soluzione di tipo centralista come quella della MMT. Mettere tutto nelle mani dello stato sperando che sia “buono” non risolve niente ed è molto pericoloso, anche se il sistema è “oliato” alla perfezione grazie alla MMT… (vedi infatti cosa succede negli Stati Uniti oggi). E sono d’accordo sul fatto che non rappresenti un cambio di paradigma (che è necessario), ma semplicemente di uno sforzo di raddrizzare le cose all’interno del paradigma già esistente.

    Trovo tuttavia sbagliata e poco seria l’accusa di “complottismo” a Barnard. La sua critica alle dinamiche del sistema economico-politico (nomi e dati inclusi) è molto valida (non so se appare nel libro, sto parlando più che altro dei suoi articoli). Il fatto poi che la soluzione da lui proposta (la MMT) sia solo un cerotto e non una soluzione, non cambia che la critica sia valida.

    E trovo ignorante e controproducente l’uso del termine “complottismo” per screditare qualcuno. Sei forse uno che crede Kennedy sia stato ucciso da un folle solitario o che Saddam Hussein è stato bombardato perché nascondeva le armi chimiche…?! I complotti sono vecchi come il mondo, e li fanno gli stati. Anzi, il complottismo è per DEFINIZIONE il mestiere dei servizi segreti, che per legge non sono tenuti a rispettare la legge…

    saluti

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    1. chi non crede in uno Stato buono (che poi.. buono che vuol dire? noi diciamo GIUSTO, ok?) è perché non è “buono” lui per primo, in quanto LO STATO siamo noi.

      CVD. se siamo in questo “stato” c’è un motivo: la sfiducia nel proprio senso di “bontà” (o meglio: GIUSTIZIA).

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      1. La considerazione sullo stato (buono/giusto o cattivo/ingiusto) che in realtà è il solo il nostro riflesso, è molto giusta.

        Comunque se crediamo davvero negli individui (e questa è la mia posizione), non abbiamo bisogno di uno stato – perché il bisogno di uno stato nasce dal presupposto che l’individuo sia cattivo o pericoloso, e quindi c’è bisogno di uno stato che lo regoli e lo tenga sotto controllo.

        Io invece credo che la maggior parte della aggressività e della pericolosità dell’individuo derivi dal fatto che c’è uno stato che gli impedisce di vivere come vuole, e gli impedisce di essere se stesso. Le persone in prigionia sono violente, non le persone libere…

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  6. BEH, AL DI LA di tutto è da notare come De Simone inizi dicendo che Barnard non ha capito assolutamente nulla di Wray (che dice molte cose esatte e condivisibili secondo lo stesso De Simone), mentre appena poche righe piu sotto afferma che tutto il testo è impregnato della concezione dello Stato centralistico tipica della visione di Wray… Mi sembra una contraddizione notevole. Inoltre questa “puzza di vecchio” contro le “nuove pratiche di democrazia diretta del mondo moderno” (!) io non la sento proprio… Il mondo moderno sta cancellando pure la democrazia partecipatica e lui parla di “nuove pratiche di democrazia diretta”? mmmmm, nn mi convince proprio

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  7. Mi permetto di allegarvi la risposta di P.B. su comedonchishotte (http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9441):
    “De Simone non lo conosco, ho letto l’inizio del suo articolo critico nei miei confronti, e dopo la prima scarica di insulti vi ho trovato 1) Wray è del Michigan 2) Wray non sa cosa io ho scritto in italiano delle sue idee. Non ho letto oltre gli insulti e le due sopraccitate baggianate, c’è un limite. Sto De Simone non conosce né me né Wray e però sa come sono andate le cose. Ok, abbiamo altro cui pensare. Ma per i lettori peciso due cose: 1) Wray ha letto e corretto ogni singola parola del mio Il Più Grande Crimine 2010 e 2011 nella parte strettamente economica. Il suo collega John Henry, uno dei massimi autori vivienti sulla storia del Neoliberismo, ha letto e apprezzato moltissimo la parte politica-storica. 2) Io non insulto nessuno, meno che meno Chiesa o i miei lettori. Ho lodato Chiesa per molte cose, ma su una l’ho criticato dicendo quello che penso “sbuca come il prezzemolo a dire costrutti sgangherati”. Embè? I miei lettori sono inutili, vigliacchi, perditempo, incapaci di essere uomini e donne. Vero, provato e comprovato, non insulti. Embè? Poi per carità, nessuno è Dio qui, per cui libera circolazione di teorie e di smentite. Il De Simone farà la sua gara, il pubblico giudicherà. P. B.”

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    1. Barnard è uno che non ama leggere, evidentemente. Mi è stato riferito che a chi gli chiedeva del mio libro Un’altra moneta, abbia risposto che dopo aver letto le prime pagine si è imbattuto nell’affermazione che un tasso negativo del 5% all’anno comporta la totale estinzione della banconota in venti anni, e che quindi mi dava 4 in aritmetica, visto che l’applicazione del tasso negativo comporta che il valore della moneta non si azzera mai, ma si riduce proporzionalmente ogni anno tendendo a zero. Per questa ragione aveva smesso di leggerlo. Ora, questa cosa ha un senso solo con una moneta elettronica, ma quando si parla di Gesell ci si riferisce alla moneta cartacea che porta un nominale sul quale si applica il tasso negativo e quindi la banconota si estingue completamente nel periodo necessario a sommare il 100% del nominale. Gli ho quindi dato due in logica, perché è semplicemente ovvio che il tasso negativo su una banconota si applica sul nominale. Dover detrarre ogni anno la percentuale di demurrage dal valore residuo sarebbe un’impresa assurda e impossibile per chiunque. Però, visto che dice di non conoscermi, può darsi che questa storia sia una leggenda metropolitana. Non so, e francamente mi interessa poco o punto. Finisco dicendo che non esiste nessuna gara, il dialogo non è fatto di gare né di certami. De hoc satis.

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      1. Effettivamente se si una il linguaggio “tasso” negativo del 5% è vero che questo non comporta mai l’estinzione totale (che sia elettronico o cartaceo). Se il 5% si riferisce sempre al valore del denaro alla data di emissione, non andrebbe usato il termine “tasso annuo”, perché si tratta di una deduzione fissa annua pari al 5% del valore del denaro all’emissione. Effettivamente usare il termine “tasso annuo” è tecnicamente incorretto e genera confusione… – Comunque conosco poco la teoria mai il 5% mi sembra tanto… – le vacanze costerebbero un sacco…! Saluti

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        1. Effettivamente che? Ma cosa dici? Il tasso si applica sempre sul capitale, sia se è attivo che se è negativo. Se hai un’obbligazione di 1.000 euro al tasso del 7% annuo per dieci anni, la cedola sarà SEMPRE Di 70 euro. E per quale ragione se applichi il tasso negativo devi usare un criterio diverso? Che peraltro lo rende ingestibile? Ma come si fa a pensare di applicare un tasso composto ad una banconota?!? È OVVIO che si DEVE applicare al nominale e che quindi il tasso è semplice e sul capitale ORIGINARIO, quello indicato sulla banconota. Altrimenti, una banconota da 100 marchi ad un tasso negativo del 5% diventerebbe il primo anno di 95, il secondo di 90,25, il terzo di 85,7375 e così via di seguito, con complicazioni di calcolo assurde e prive di alcuna ragione. Capisco il desiderio di fare polemiche a tutti i costi, ma per favore un po’ di decenza. Sostenere che l’uso del termine tasso negativo induce in confusione è contro la decenza.
          Per quanto riguarda la gestione elettronica, anche qui dipende da quello che si chiede al computer di fare. Un programma può BENISSIMO gestire il demurrage o tasso negativo sul nominale, ma si può decidere di applicarlo al capitale residuo senza difficoltà, vista la loro capacità di calcolo.

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          1. Un tasso annuo di guadagno del 5%, in matematica o in finanza solitamente si riferisce al capitale totale accumulato alla fine di ogni anno, non sul capitale iniziale. Il caso dell’obbligazione è diverso perché il valore del sottostante cambia, quindi anche se tu ricevi sempre la stessa cedola di 70 euro, devi aspettare a maturazione perché il tasso sia reale. Per esempio se ti serve spendere/usare il denaro dopo un anno, devi vendere l’obbligazione, e ti puoi ritrovare con 1200 o 800 euro nonostante il tuo guadagno fisso di 70 euro, quindi il tasso reale non è del mai del 7% a meno che tu lasci i soldi fermi fino a maturazione. Comunque, se per te non crea confusione va bene, è il tuo progetto. Non è mia intenzione fare polemica. Saluti.

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  8. Non entro nel merito di quello che scrive De Simone, Barnard può benissimo difendersi da solo e parlo di difesa perchè qui è attaccato su tutta la linea.
    Tutto questo è molto triste, è triste vedere persone, giornalisti, intellettuali preparati che si accapigliano su un tema che interessa tutti e dimenticano l’obiettivo comune, che è quello di informare i cittadini in modo chiaro, ascoltare e dialogare.
    Ci si perde a guardare il dito che indica la luna e intatnto andiamo a fondo, i nazionalismi crescono e il populismo e la demagogia hanno campo libero.

    De Simone pone l’accento sul cancro dell’accumulazione di capitale basata sulla rendita da interessi.
    In breve, secondo De Simone l’isteria del debito che stiamo vivendo è funzionale al processo di accumulazione e al contrasto della caduta del saggio di profitto (non più bilanciabile da un aumento di produzione di beni) mentre per Barnard l’obiettivo di questa isteria è un neocolonialismo mercantilista che accentui la distanza tra paesi forti e produttori a scapito di altri paesi saccheggiati e poveri (cioè contrasto della caduta del saggio di profitto attraverso il crollo del costo del lavoro).
    A me non sembra che queste due analisi siano inconciliabili, anzi lo stesso autore dice a un certo punto che “si tratta del medesimo concetto che sta alla base dell’economia dell’abbondanza, ma con alcune differenze significative”.

    Il problema è che l’acredine con cui De Simone lancia i suoi attacchi lo conduce agli stessi errori di cui accusa i suoi ‘nemici’ (Barnard in questo caso ma potrebbe essere qualsiasi altra persona che non condivide la sua visione) cioè presunzione, arroganza, chiusura al dialogo, tanta confusione (soprattutto sul tema debito a mio parere) e accuse scomposte (tra cui quelle di ‘centralismo stalinista’ e ‘complottismo’).

    Continuiamo così, facciamoci del male..

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    1. Nei miei libri, ne ho scritti nove e un decimo è in uscita tra pochi giorni, non ho mai attaccato nessuno. Critico citando la fonte, ma si tratta di altro. Non insulto dicendo che poiché si è avvocati o medici o farmacisti non si può capire niente di economia. Questo è un metodo tipico della disinformazione, sminuire il proprio interlocutore, negare dignità alle sue tesi, esaltare le proprie in base ad una presunta patente di validità scientifica.
      Il centralismo burocratico è la prima conseguenza delle manovre iperkeynesiane di Wray. Lo stato che accentra la funzione di creazione della moneta che ridistribuisce creando lavoro che esso stesso controlla. Se non è centralismo questo, che cos’è il centralismo? Inoltre, ma lo metterei al primo posto, non c’è alcuna critica del debito, della sua genesi e della sua logica. Come se fosse naturale creare moneta sul debito e doversi indebitare per lavorare. Come se fosse ovvio che il debito può crescer all’infinito “perché in fondo non è un debito, visto che non si pagherà mai”. E gli interessi dove li mettiamo? Non sono essi un meccanismo di distribuzione ineguale che premia la RENDITA? E non è la lotta tra la minoranza che ha una rendita e la maggioranza che non ce l’ha, qualunque sia la natura di questa rendita, ad aver generato le rivoluzioni nel mondo? Non è stata forse la lotta alla rendita fondiaria il motore della Rivoluzione francese? Nei miei libri la questione del debito e della creazione della moneta sul debito è spiegata in modo molto chiaro, almeno così dicono tutti i miei lettori. Certamente nell’articolo, in cui ne tratto incidenter tantum, non sono stato altrettanto efficace e me ne dispiace. Tuttavia basta informarsi e leggere. Appunto bisogna studiare. Ma occorre anche avere l’umiltà di comprendere gli errori degli altri e principalmente i propri. E prendere una posizione dura nei confronti dell’arroganza e della presunzione non significa affatto essere della stessa pasta, mi creda. Non ho alcuna intenzione di parlare del libro di Barnard, quello che ho detto è sufficiente. Mi riservo di trattare in maniera più approfondita una critica a Wray. Ribadisco tuttavia, che l’attacco a Chiesa è una porcheria, perfettamente in linea con le porcherie che Barnard ha detto sugli avvocati, medici e farmacisti che si occupano di economia. È con questi metodi ignobili che non si va da nessuna parte.

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      1. …scusa Domenico, ma secondo Te, sei più credibile Tu o un farmacista se parliamo di Economia? Guarda che se c’è un modo scorretto (ignobile è personale e non Ti conosco, quindi non mi permetto) per trovare la strada è far guidare uno straniero. Non lo so, ma a me sembra invece che il problema sia un altro e non capisco perchè facciamo finta di non vederlo: Barnard non è un’economista, è un giornalista, un cacciatore. Tuttavia non vale il rispetto che può avere un avvocato, un medico o il farmacista di cui sopra. Ma Barnard è un indottrinato da Wray, un tuo collega! Lui sì che invece vale il rispetto di essere criticato con attenzione. Amico mio, questa è pura dissociazione. Attenzione!

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        1. la questione è che la credibilità dipende da quello che dici e non dal mestiere che fai. Per Barnard la credibilità di Wray dipende dal fatto che è un economista di professione, mentre i “signoraggisti” fanno gli avvocati (come me) o i farmacisti o i medici. Quindi la critica dovresti rovesciarla su di lui, e non attaccare me per questo.

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            1. credo che quel tipo di ragionamento va fatto in un altro luogo. Qui si “discute” delle capacità di ognuno di comprendere e esporre il Problema. Visto che unici strumenti necessari per farlo sono logica e studio, non credo che svalutare una persona solo perché non ha studiato economia nelle scuole/università, se di prestigio ancora meglio, è una cosa da fare. Non serve essere un botanico per capire che annaffiare le piante con l’acqua bollente le uccide. Così come non serve essere economista per capire economia e la natura della moneta. Che dall’altro l’abbiamo creata noi tutti, non solo economisti e visto come stanno andando le cose… beh… ho qualche dubbio sulla preparazione dei economisti che si prendono cura della NOSTRA economia…

              Poi se quello che si dice non lo si fa è un altro paio di maniche.

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              1. Sono d’accordo. NON occorre essere economisti di professione per parlare di economia, anzi, visto come vengono finanziate le facoltà di economia di molte università è meglio non farne parte per mantenere indipendenza di giudizio. È questo è esattamente uno dei punti della mia critica a Barnard, ma pare che sono stato frainteso, nel senso che questa critica mi è stata rovesciata addosso. Va beh, essere fraintesi fa parte delle difficoltà di comunicazione che sono sempre in agguato.

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  9. Il movimento zeitgest mi ha fatto capire che l’atteggiamento migiiore e’ proprio quello della “baldracca”:condivisione, collaborazione, discussione, studiare piu discipline , non-cristallizzazione, open-source, uso intelligente delle risorse e della rete, …questo e’ l’atteggiamento di Domenico , di me e di tutto un mondo di brave persone che avanza .
    Facciamo il partito delle baldrakke??? !!!

    cordialmente marco pradella

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  10. credo che la distinzione che fa Barnard tra moneta reale e moneta virtuale dovrebbe essere la distinzione tra moneta legale e moneta bancaria, chiamata anche la “quasi moneta” (diverse tra di loro dalla creazione, vita e morte), ma dopo mesi di studi, dietro quali si nascondeva per non rispondere alla domanda: “Perché non parli di signoraggio?”, ha galleggiato nella acque torbide dei complottisti, quali, come giustamente osserva Lei, non cita da nessuna parte mettendo così ogni persona che si occupa di tali studi nello stesso sacco. Non so se Lei è a conoscenza di un’altra critica del “saggio” di Barnard, scritta da PRIMIT.

    http://www.primit.it/forum/phpBB3/viewtopic.php?f=23&t=1333&hilit=risposta+a+barnard

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  11. a barnard non si risponde non perché non c’è da dire ma perché ce n’è TROPPO. E’ come discutere con chi crede a dio o a babbo natale.. nun jaafai! E non facendolo sembrerebbe che andare in giro a pregare una nuvola bianca e/o a scrivere letterine vicino al camino sia giusto..

    Quindi capisco il De Simone e il tedio che ha dovuto affrontare-per..

    a me De Simone piaceva, ne ri-pubblicavo i libri [da lui esposti in modo gratuiti – PDF- che sono ancora online sul mio sito], poi non è piaciuto più per le “compagnie” che frequentava [vedi quelli delle monete complementari e l’altro giorno con grillO], poi l’ho visto in compagnia dell’ottimo Borruso e mi sono un po’ ricreduto.. insomma.. un pò sì e un pò no..

    oggi è SI’. 🙂

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    1. Il de Simone è come una vecchia baldracca… va un po’ con tutti! Ovviamente tutti quelli che hanno orecchie per intendere e occhi per vedere e con cui si può discutere lealmente. Grazie a ciò mi hanno considerato fascista, comunista, centrista, e questo mi fa molto piacere, visto che non appartengo a nessun schieramento né ho intenzione di entrarci… 🙂

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      1. il problema delle “vecchie baldracche” è trovare chi va con loro. chi va con “vecchie baldracche” forse è un disperato? le “vecchie baldracche” dovrebbero, da parte loro, impiegare la loro grande esperenza per aiutare la Causa, senza alimentare segaioli (siamo in tema, aò!) che, vedendo nomi “storici” disposti “a discutere” magari credono di dire – o peggio di fare – qualcosa di interessante..

        dalla serie: “pensavo fosse un orgasmo da orgia invece era una sega”

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  12. Sono d’accordo con Lei che il vero problema e’ la distribuzione della richezza ed purtroppo
    il grande accentramento di Capitali in poche mani gli permettono di fare il bello ed il cattivo
    tempo, vedi obbligazioni stato italiano che sono vendute al 7% .Se mi permette vorrei farle
    alcune domande per chiarire alcuni concetti;
    Perche’ la BCE ha costretto l’Italia ad mettere le obbligazioni sul mercato invece di comprarle
    come avrebbe potuto ? Cosi’ ha definitivamente affossato l’Italia che aveva dato segni positivi
    con una crescita delle esportazioni del 10% .
    Un aumento dell’inflazione avrebbe portato ad una svalutazione dell’euro cosa che non sarebbe stato un problema, considerando che paesi in difficolat’ con italia e spagna avrebbero aumentao
    le esportazioni.
    Perche’ non l’hanno fatto ?
    Vorrei una conferma da Lei su questo concetto:
    considero che il denaro guadagnato con speculazioni monetarie e con speculazioni borsistiche
    (specialmente con derivati) denaro inflazionistico.
    Mi spiego meglio:
    il denaro guadagnato in borsa crea grande inflazone perche’ e’ denaro creato dal niente , come se uno stato si mettese a stampare soldi senza nessun attivita’ produttiva.
    E penso proprio che grazie a questa quantita’ di denaro ( mi piacerebbe averne una stima)
    che le Banche Centrali fanno cio’ che stanno facendo (consensiente or no) mettere gli Stati in
    grande difficolta’ per far mettere in vendita i beni reali degli stati che renderebbero il denaro
    finanziaro (aleatorio) in beni reali.
    Aspettando un suo commento
    Le porgo distinti saluti
    Francesco

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